Nel 2014, 19,3 milioni di persone nel mondo sono state costrette a lasciare la propria abitazione a causa di calamità naturali come alluvioni, uragani o terremoti, che in sette anni, dal 2008 al 2014, hanno determinato una media annua di 26,4 milioni di sfollati, pari a uno ogni secondo. I dati sono contenuti in un rapporto diffuso dall’Internal displacement monitoring centre, che fa parte del Consiglio norvegese per i rifugiati.
Nel 2014, stando allo studio, 17,5 milioni di persone sono dovute fuggire dalle proprie case a causa di catastrofi legate al cambiamento climatico come inondazioni e tempeste, mentre per 1,7 milioni è dipeso da rischi geofisici come i terremoti. A livello geografico, 16,7 milioni di persone sono asiatiche, 1,6 milioni americane, 770mila africane, 190mila europee (soprattutto per le inondazioni nei Balcani) e poco meno di 40mila australiane.
“I milioni di vite devastate dai disastri sono più spesso una conseguenza di cattive strutture e politiche che non della forza di madre natura”, ha detto Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati. “Un’alluvione non è di per sé un disastro: le conseguenze catastrofiche accadono quando le persone non sono né preparate né protette”.
Gli esperti puntano il dito contro “fattori umani” come sviluppo economico, urbanizzazione e crescita demografica molto rapidi nelle zone più esposte ai rischi. Inoltre il cambiamento climatico, sottolineano, andrà probabilmente ad “esacerbare la situazione in futuro, con gli eventi estremi che diventeranno più intensi e frequenti”.