Come avviene sistematicamente ogni anno, le discussioni riguardanti il dissesto idrogeologico in Italia “vanno in ferie” durante la stagione estiva come fossero messe in stand by, in attesa che il nostro paese venga fisiologicamente colpito da una o più alluvioni nei mesi autunnali. Quest’anno la tendenza meteo è assolutamente allarmante poichè la prolungata attività anticiclonica sub tropicale sul Mediterraneo sta determinando un costante ed intenso accumulo di calore ed energia potenziale che verrà messa a disposizione del sistema mare-atmosfera in occasione delle prime intrusioni di aria fresca a fine stagione. Inoltre, l’attuale presenza di un Nino strong avrà delle ripercussioni sul clima autunnale-invernale sul comparto europeo aumentando le possibilità che si concretizzino importanti e frequenti ondulazioni meridiane foriere, alternativamente, di discese di aria fredda verso basse latitudini e risalite calde sub tropicali verso le alte. Mediterraneo che si appresta a confermare il trend climatico che vede in aumento, sia di intensità che di frequenza, il numero degli eventi calamitosi.
Ma come mai si verificano calamità naturali sempre maggiori? E’ solo colpa della natura?
Gli eventi idro meteorologici estremi si sono sempre verificati nel nostro paese: testimonianze geologiche per gli eventi più remoti, fino alle documentazioni cartacee via via più approfondite con il passare degli anni ne sono una prova tangibile. Ma l’uomo spesso tende, volente o nolente, a dimenticare, a progettare strutture ed infrastrutture in aree che un tempo erano attraversate da corsi d’acqua, in aree ai piedi di versanti montuosi instabili, a canalizzare e deviare fiumi e, ancora peggio, a tombare corsi d’acqua per far crescere la città sopra; in sostanza a non prendersi cura dell’ambiente in cui vive. Gli ultimi eventi alluvionali verificatisi in Italia – cagliaritano 2008, Giampilieri 2009, Genova e levante ligure 2011, Gallura e nuorese 2013 – alla luce di dettagliate analisi ed ispezioni sul territorio pre e post evento dimostrano che l’evento precipitativo altro non è che la goccia che fa traboccare il vaso. La quantità di acqua che può cadere in queste occasioni eccezionali va ad interessare territori molto predisposti ad eventi alluvionali per via dell’inefficienza delle costruzioni e dell’incuria.
Il nostro paese presenta delle caratteristiche geomorfologiche e geologiche di base che incrementano il rischio che si verifichino frane ed alluvioni, in molti casi di portata distruttiva.
Il 66% dei comuni italiani è a rischio idrogeologico. Ciò significa che due comuni su tre sono soggetti a potenziali dissesti idrogeologici in occasioni di eventi idrometeorici intensi, come quello avvenuto lunedì in Sardegna. Dalle ultime analisi richieste dal ministro dell’ambiente, Orlando, si stima che siano necessari 11 miliardi di euro per mettere in sicurezza il territorio italiano. Nei 50 anni trascorsi dal 1963 al 2012 tutte le regioni italiane hanno subito eventi con vittime: le frane avvenute hanno prodotto 3.302 morti, 17 dispersi, 1.873 feriti mentre a causa delle inondazioni si contano 692 morti, 66 dispersi, 805 feriti. Per quanto riguarda il tasso di mortalità a causa di inondazioni nello stesso intervallo di tempo, il triste primato spetta alla Sardegna, con un valore più alto della media delle altre regioni italiane. Dal 1963 a oggi secondo l’Irpi-Cnr in Sardegna ci sono state 92 vittime (dispersi, deceduti e feriti): 50 a causa di fenomeni idrici e 42 geologici. E i valori hanno avuto una drastica impennata proprio a causa dell’ultima tragica alluvione.
Numeri allarmanti che devono far riflettere. Il primo passo? E’ necessario attuare una politica di prevenzione, sconosciuta in Italia, per l’attivazione dei cosiddetti interventi “non strutturali”(avvisi di allerta meteo, sorveglianza dei livelli di piena degli alvei, attivazione e movimentazione delle strutture di soccorso, chiusura al traffico di strade, evacuazione di aree etc) mitigando notevolmente le perdite economiche e di vite umane e diffondere una migliore informazione meteo sia prima che durante l’evento. E’ inoltre necessario migliorare la comunicazione meteo con la popolazione, spesso e volentieri “non istruita” in queste occasioni o ancor peggio mal informata!
Rimane comunque irrisolto un quesito: Perchè accantonare il problema del dissesto idrogeologico durante la stagione estiva ed attendere che si concretizzi la prima calamità stagionale?