La Sardegna è nota per essere un’area a bassa o quasi assente sismicità. Ne abbiamo parlato nel passato con un articolo, dove abbiamo citato il famoso terremoto che colpì l’area di Cagliari nel lontano 1616, dove si ebbero anche dei danni e crolli.
Ebbene, secondo studi pubblicati anche dall’Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia italiana (INVG), anche un’area a bassa sismicità presenta dei rischi derivanti da terremoti che si verificano a una certa distanza, ed anche eruzioni vulcaniche. E noi parliamo di quei fumi provenienti dalle Isole Canarie, del tutto quasi innocui in Sardegna, argomento che fa solo notizia giornalistica, non di certo pericolo per la popolazione.
Il nostro gruppo editoriale ha pubblicato un articolo che riguarda la città di Lisbona, capitale del Portogallo, che nel 1755 fu distrutta da un devastante terremoto. Eppure, la zona non si trova sotto alcuna faglia importante degna da causare un sisma catastrofico come quello che si ebbe allora. Pensate che il terremoto che si sprigionò da una faglia quasi immobile ad allora, ebbe una magnitudo approssimativamente di 8.7, ovvero un disastro. Il 30% degli abitanti di Lisbona vennero uccisi tra le scosse di terremoto che causarono diffusi crolli, e poi un devastante tsunami venuto dall’Oceano.
Direte quale correlazione c’è tra il terremoto di Lisbona e la Sardegna. In teoria molto poco, ma in pratica vanno fatte alcune considerazioni, in quanto la Sardegna è una delle aree italiane a minor sismicità, ma in un paese che presenta un elevato rischio terremoti, e soprattutto la più alta densità di vulcani attivi o quiescenti, e di questi ce ne sono diversi nel Mar Tirreno.
In Italia il grande vulcano sottomarino Marsili costituisce un potenziale pericolo, in quanto prima o poi ci sarà un’eruzione che potrebbe essere devastante. L’attività attuale del Marsili è caratterizzata da fenomeni vulcanici detti secondari, da sismicità e di bassa magnitudo indotta da processi vulcano-tettonici e idrotermali. È lungo circa 70 km, largo 30 e copre un’area di circa 2.100 km quadrati.
Risalgono a un’età compresa tra 7000 e 2000 anni fa le eruzioni più recenti del Marsili.
Secondo INVG, il rischio vulcanico associato a eruzioni sottomarine di questo tipo appare estremamente basso, e un’eruzione a profondità maggiore di 500 metri comporterebbe probabilmente soltanto una deviazione temporanea delle rotte navali.
Anche il rischio legato a possibili tsunami correlati a eruzioni come quelle più recenti è minimo. Pur tuttavia, l’evenienza che settori del vulcano possano destabilizzarsi e franare in caso di deformazioni indotte dalla risalita di significative (chilometri cubi) quantità di magma, non può essere esclusa a priori.
Ma altri non sono del medesimo parere così ottimistico, non essendovi adeguati studi su questo vulcano, che nell’ipotesi in eruzione, potrebbe essere soggetto a crolli, e generare tsunami che andrebbero a coinvolgere gran parte delle coste tirreniche. Parliamo comunque, di eventi estremamente improbabili nel breve periodo, anche se non esiste possibilità alcuna di fare previsioni su eruzioni vulcaniche. E ne sanno qualcosa gli spagnoli, che proprio questi giorni sono impegnati nella eruzione vulcanica nell’isola di La Palma.
Marsili è stato comunque inserito nella lista dei vulcani italiani attivi come Vesuvio, Campi Flegrei, Stromboli, Etna, Vulcano e Lipari dalla Smithsonian Institution nell’ambito del Global Volcanism Program. Nel frattempo, altri due vulcani sottomarini posti nel basso Tirreno sono sotto osservazione, si tratta del Magnaghi ed il Palinuro, i quali sono vulcani comunque attivi.
Di vulcani sottomarini nel Tirreno ce ne sono svariati, essi si trovano dal mare davanti alla Toscana fino alla Sicilia. E man mano che la scienza dispone di risorse, si scoprono ulteriori aree vulcaniche.
Il vulcano Palinuro è costituito da ben otto diversi edifici vulcanici allineati in direzione Est-Ovest. Il Vavilov, un altro vulcano, appare di notevoli dimensioni, ma è ritenuto un vulcano spento. Ed in Italia di vulcani spenti anche in terre emerse ne abbiamo numerosi, alcuni anche in Sardegna.
Nel Canale di Sicilia merita attenzione il vulcano sottomarino Empedocle, una cui eruzione, generò la nascita della famosa isola Ferdinandea che rimase emersa dal 1831 al 1832. Si tratta di un grosso vulcano sottomarino situato a quaranta chilometri dalla costa di Agrigento e a 400 metri di profondità con dimensioni paragonabili a quelle dell’Etna ed una forma a ferro di cavallo. Una sua esplosione genererebbe uno tsunami che in solo dieci minuti raggiungerebbe le coste siciliane.
Il censimento dei vulcani sottomarini italiani è stato ampliato con la scoperta nel 2016 di sei bocche vulcaniche nel golfo di Napoli, nel settore di mare antistante il Vesuvio, localizzate a una distanza inferiore a 4 km dalla costa nel tratto compreso tra Torre Annunziata ed Ercolano.
L’esistenza di vulcani sottomarini è stata dimostrata nel passato. Mentre resta l’impronta del grosso vulcano Kolumbo che nel 1649-1659, a seguito una eruzione di tipo esplosivo causò non pochi danni, raggiungendo con uno tsunami anche la vicina isola di Santorini. Ma ormai siamo in Egeo, e di Santorini possiamo cenare che si tratta di un super vulcano, il cui potenziale esplosivo è drammatico.
In merito invece hai terremoti, di particolare interesse sono le faglie poste tra la Sardegna e l’Algeria, da dove anche in tempi recenti si sono avute scosse di terremoto di una certa importanza, come quelle anche sul mare di Corsica e nel Tirreno.
La Sardegna è soggetta agli effetti di terremoti lontani. Invece per quanto riguarda i maremoti, se ne ha notizia esclusivamente in ambito mitologico, o meglio preistorico. Ci sono racconti che indicano il popolo di nuragici sparì a causa di un grosso tsunami che colpì la Sardegna, ma le prove certe, quelle della scienza non le abbiamo.