Secondo gli studiosi, può essere questa la causa che porta i modelli climatici più autorevoli a sottovalutare il processo di riscaldamento globale indotto dalle emissioni di gas serra. Come l’atmosfera si riscalda, le nuvole diventano sempre più composte piccolissime particelle liquide piuttosto che di ghiaccio, il che le rende più luminose. In questo modo sono capaci di riflettere una maggiore quantità di luce solare verso l’atmosfera e questo processo “di feedback” agisce come un freno sulle proiezioni modellistiche del riscaldamento globale.
Nella maggior parte dei modelli le nubi contengono troppo ghiaccio e quindi troppo liquido in seguito al riscaldamento, il che rende la valutazione della componente nuvolosa irrealistica. Utilizzando un modello climatico “state-of-the-art”, i ricercatori hanno modificato i parametri per portare le quantità relative di liquido e ghiaccio presenti nelle nuvole in accordo con quanto osservato in natura. La correzione della polarizzazione ha portato ad una più debole reazione della fase nuvolosa e al maggiore riscaldamento in risposta al biossido di carbonio.
“Abbiamo scoperto che la sensibilità climatica è passata dal 4°C nel modello di default ai 5-5.3°C nelle versioni che sono state modificate per portare le quantità di liquidi e di ghiaccio in più stretto accordo con le osservazioni reali”, ha dichiarato il ricercatore Ivy Tan, uno dei principali autori della ricerca.
In natura, le nuvole contenenti sia cristalli di ghiaccio che gocce liquide sono comuni a temperature inferiori allo zero. Il riscaldamento atmosferico a seguito delle emissioni di anidride carbonica farà crescere la quantità di liquido. Dal momento che le nuvole liquide tendono a riflettere più luce solare, questo meccanismo di feedback agisce per ridurre il riscaldamento globale. “La maggior parte dei modelli climatici sono un po’ troppo ansiosi nel valutare le quantità di liquido e ghiaccio al di sotto dello zero, esagerando probabilmente l’aumento della riflettività a seguito del riscaldamento atmosferico”, ha dichiarato uno dei coautori Mark Zelinka. “Questo significa che si potrebbe sottovalutare sistematicamente la percentuale di riscaldamento che si verificherà in risposta all’incremento dell’anidride carbonica”.
Questi risultati si aggiungono a un crescente numero di prove che indicano errori d’interpretazione del ruolo svolto dalle nubi nel processo di riscaldamento globale. Studi recenti hanno evidenziato che altri meccanismi di feedback innescati dalle nuvole sono in grado di aggravare il riscaldamento piuttosto che frenarlo. “Le prove che si stanno sommando, parlando di nubi, non sembrano volerci fare un favore quando si tratta di limitare il riscaldamento globale.”