Le gravi inondazioni verificatesi in Costa Azzurra, poche ore aver messo in ginocchio la Corsica e prima ancora Olbia hanno prepotentemente portato alla ribalta il tema, oltre che dei cambiamenti climatici, della “cementificazione selvaggia” e di un rispetto dell’ambiente che ormai viene sempre meno in favore di nuove costruzioni ed infrastruttura, spesso progettate dimenticandosi i vecchi tracciati fluviali.
Nonostante quanto avvenuto in Francia sia anche colpa della cementificazione, per il momento non si registrano reazioni da parte delle associazioni ambientaliste e dei Verdi francesi; forse la polemica politica è stata disinnescata dal presidente francese François Hollande, che ha effettuato subito una visita ai luoghi più colpiti insieme al ministro degli Interni Bernard Cazeneuve, dicendo a cittadini e turisti che gli indennizzi arriveranno presto e non negando la responsabilità di una cattiva programmazione urbanistica e il possibile collegamento con i cambiamenti climatici.
Pascal Brovelli, direttore aggiunto delle operazione per la previsione di Météo France, ha spiegato a Le Monde che «precipitazioni intense erano previste ed annunciate nella serata di sabato 3 ottobre, ma era impossibile prevedere un fenomeno di una tale ampiezza e localizzarlo in maniera così precisa». Secondo Brovelli «sono dei fenomeni mediterranei che si osservano frequentemente in questo periodo dell’anno. Queste tempeste sono provocate dall’incontro di una massa d’aria calda e umida proveniente dal sud del Mediterraneo e di una massa d’aria più fredda provenienti da territori più in alto. Quel che invece è molto eccezionale è l’intensità del fenomeno che si è sviluppato all’’est della Var e lungo il litorale delle Alpes-Maritimes. A Cannes, in un’ora, tra le 20 e le 21, sono caduti 107 mm d’acqua. Il precedente record nella regione era di 70 mm».
Ma questi fenomeni estremi e molto localizzati sembrano legati direttamente al riscaldamento climatico. Ne è convinto anche Brovelli: «Le ricerche sul clima lasciano effettivamente pensare che andremo incontro più spesso a questo tipo di situazioni».
Per Philippe Drobinski, direttore ricerche al CNRS e coordinator del progetto HyMeX, «la frequenza di tali episodi intensi può essere messa in relazione con il riscaldamento climatico. I nubifragi molto violenti che si sono abbattuti la sera di sabato 3 sulle Alpes-Maritimes, mietendo almeno 17 morti, pongono nuovamente la questione della responsabilità del cambiamento climatico in corso. Se oggi non è possibile stabilire un legame diretto con il riscaldamento, l’aumento delle temperature condurrà ad un aumento della frequenza di épisodes cévenols». HyMeX è un programma decennale di Météo France e CNRS al quale dal 2010 stanno lavorando 400 scienziati di diversi Paesi del mondo per migliorare la comprensione e la modellizzazione del ciclo dell’acqua nel Mediterraneo, la sua variabilità (in particolare per quanto riguarda le piogge intense) e le sue caratteristiche.
Drobinski spiega che con épisodes cévenols si riassumono gli episodi più brevi e intensi di nubifragi che avvengono in tutto il Mediterraneo a fine estate e all’inizio dell’autunno e che colpiscono soprattutto l’arco che va dalla Spagna, all’Italia, fino alla Croazia. Cambiamento climatico o meno, dice Drobinski, «il problema è quello di sapere se la causa degli avvenimenti drammatici di questi ultimi anni risieda nell’aggravamento delle piogge torrenziali in autunno o dalla vulnerabilità delle popolazioni di fronte a questi fenomeni. Se le aree urbane si ingrandiscono, se l’idrologia urbana (in particolare le reti di canalizzazione dell’acqua) non permettedi drenare le quantità di acqua che vengono dal cielo, se la regolamentazione umana dei fiumi non è sufficiente, si possono avere eventi catastrofici. E’ molto difficile dire se c’è una responsabilità storica che si chiama riscaldamento climatico o urbanizzazione galoppante».
Ma il cambiamento climatico può comunque aggravare questi fenomeni in futuro? Drobinski risponde che «le leggi della fisica ci dicono che questo tipo di eventi rischia di divenire più frequente e più intenso in un contesto di riscaldamento climatico. In generale, sotto l’effetto dell’aumento della temperatura, l’atmosfera trattiene maggiore quantità di vapore acqueo. Il che in seguito comporta più precipitazioni».
Ma nel bacino del Mediterraneo la situazione è più complessa: «Da un lato, aumentando le temperature, il clima diventa sempre più arido e in media piove di meno. Ma dall’altro lato, il Mediterraneo svolge un ruolo cruciale nell’apporto di vapore nell’atmosfera e costituisce una riserva essenziale nella formazione delle precipitazioni. Con il caldo, più acqua evapora dal Mediterraneo, viene trattenuta nell’atmosfera e porta ad un’intensificazione delle precipitazioni intense».