Stiamo affrontando, da alcune settimane a questa parte, i primi intensi temporali pomeridiani. Inizialmente furono causati dall’intervento di tre diverse perturbazioni, mentre ultimamente hanno preso il sopravvento quelli che in gergo definiamo “temporali di calore“. Ma di cosa si tratta realmente?
Il riscaldamento diurno, dettato dall’allungamento delle giornate e dalla crescita delle temperature, si mostra ben più pronunciato nelle zone interne in ragione del diverso assorbimento di calore da parte delle superfici. Il mare, più in generale uno specchio d’acqua o ad esempio superfici vegetate, ne assorbono meno rispetto alla roccia, ad un terreno incolto o ad un centro abitato. L’aria a contatto con tali superfici tende a riscaldarsi rapidamente e diventando più leggera sale di quota. Durante l’ascesa le bolle d’aria calda (chiamate “termiche”) si raffreddano e tendono ad espandersi. Il processo di espansione, che avviene a temperature ovviamente decrescenti, conduce alla condensazione del vapore acqueo e al conseguente sviluppo delle nubi (cumuli).
Affinché possa completarsi il processo, per la formazione del cumulonembo (la vera nube temporalesca) v’è necessità di altre condizioni. Ad esempio l’atmosfera non deve presentarsi completamente stabile, altrimenti la miccia temporalesca non partirà. E’ il tipico caso delle intense rimonte anticicloniche con subsidenza – schiacciamento – dell’aria calda verso il suolo. Al contrario, se in quota abbiamo infiltrazioni instabili di varia natura – ad esempio a partire da domani giungerà qualche sbuffo d’aria fresca da est – ecco che la miccia potrà accendersi dando luogo a correnti ascensionali (inflow) vigorose (superiori a 100 km/h) e alla conseguente esplosione del temporale. Maggiore è la corrente ascensionale che va a generarsi (la possiamo considerare come il vero carburante che tiene in vita la nube temporalesca), maggiore è l’intensità del temporale che andrà a svilupparsi.