Negli ultimi giorni, o meglio, nell’ultimo mese e mezzo abbiamo parlato spesso di “gocce fredde” e sugli effetti – più o meno importanti – sulle nostre condizioni meteorologiche. Capita, sovente, di assistere a repentini cambiamenti di traiettoria e allo stravolgimento di una previsione in men che non si dica. Anche a poche ore dall’evento. Ed ecco che il lettore, giustamente, domanda il perché di previsione errata: c’è chi lo fa cortesemente, chi invece con più foga. Domandare è lecito, specie in mancanza di opportune conoscenze meteorologiche, per noi rispondere è cortesia. Soprattutto in circostanze come queste. Ma allora, cos’è che crea così tante difficoltà anche nei modelli previsionali a più alta risoluzione? Beh, a mandare in tilt i i grandi cervelloni elettronici sono quelle che in gergo definiamo “gocce fredde”.
Ma prima di descrivervi la sua natura è bene introdurre un altro concetto: il “cut off”. Col termine “cut off” si intende un processo atmosferico-meteorologico che porta all’isolamento di una struttura depressionaria secondaria da un’area di Bassa Pressione definita “principale”. Al termine del processo si ha la formazione di un nuovo Vortice di Bassa Pressione completamente autonomo i cui movimenti sono spesso fonte di enormi difficoltà previsionali. Affinché possa avvenire l’isolamento sono necessarie profonde aree cicloniche – o se volete depressioni – in propagazione da nord a sud. L’intensificazione della corrente a getto (il fiume d’aria che scorre alle alte quote dell’atmosfera) lungo i bordi di strutture anticicloniche che seguono o precedono la saccatura determina l’isolamento della saccatura secondaria e della successiva bassa pressione secondaria.
Se il processo di Cut Off è termodinamico si genera la “goccia fredda”, mentre se è soltanto dinamico avremo la “lacuna barica”. Nel nostro caso interessa la prima definizione, con la quale intendiamo l’isolamento di un minimo di geopotenziale alle alte quote senza che le isoterme – inizialmente – subiscano variazioni. Variazioni che subentrano in un secondo momento, con la formazione di un nuovo minimo termico che tende ad assumere una posizione leggermente occidentale rispetto al minimo di pressione. Tali strutture si formano, sovente, nelle stagioni transitorie come autunno e primavera e sono foriere di condizioni d’instabilità talvolta violente. Negli ultimi anni non è infrequente osservarne lo sviluppo anche nel cuore dell’inverno e capaci di arrecare precipitazioni alluvionali in varie regioni d’Italia. I movimenti sono difficilissimi da prevedere perché i Vortici vanno ad isolarsi, spessissimo, all’interno di strutture anticicloniche e quindi in presenza di alta pressione al suolo (difatti alcuni di voi avranno notato che pur in presenza di alti valori di pressione, le ultime 24 ore hanno proposto condizioni d’instabilità rilevante).
La fase finale dell’intero processo prende il nome di “colmamento”, ovvero l’indebolimento del sistema ciclonica a causa della mancanza di nuovi apporti d’aria fredda.